- La produzione metalmeccanica nel terzo trimestre diminuisce del 2% a/a, mentre rimane sostanzialmente invariata in termini congiunturali.
- Nel periodo gennaio-settembre del 2023, l’export è cresciuto in media del 4,0% ma la dinamica trimestrale continua ad evidenziare un significativo rallentamento.
- Aumentano significativamente le imprese insoddisfatte (36% dal precedente 26%) del proprio portafoglio ordini e scende al 21% (dal 24% scorso) chi prevede incrementi di produzione per i prossimi mesi.
- È pari al 61% la quota di imprese che, nel terzo trimestre, ha registrato un ridimensionamento dei margini di profitto, già erosi dall’incremento dei costi dell’energia, mentre il 42% sta ancora risentendo degli effetti del conflitto russo-ucraino.
Roma, 14 dicembre 2023 – Sono stati diffusi oggi i risultati della 168ª edizione dell’Indagine congiunturale di Federmeccanica sull’Industria Metalmeccanica – Meccatronica italiana.
Nel terzo trimestre dell’anno in corso, nel nostro Paese l’attività produttiva metalmeccanica, sostanzialmente ferma nella dinamica congiunturale, si conferma in sofferenza rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente trovando riscontro con quanto osservato negli altri principali paesi europei, dove il rallentamento dell’industria è stato superiore alle attese.
Sulla dinamica produttiva, ancorché sulle previsioni, continua a pesare una situazione di elevata incertezza generata, in particolar modo, dalle crescenti tensioni internazionali ma anche dall’inasprimento delle politiche monetarie.
Nel periodo luglio-settembre del 2023, nel settore metalmeccanico i livelli di produzione sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto ai tre mesi precedenti (+0,1% dopo le flessioni registrate nel primo e secondo trimestre) e sono ancora inferiori del 2,0% nel confronto con lo stesso trimestre del 2022.
Complessivamente nel periodo gennaio-settembre 2023, la produzione metalmeccanica è mediamente diminuita dello 0,5% rispetto ai primi nove mesi del 2022.
Nell’ambito del settore, che include una vasta gamma di attività produttive molto differenziate tra loro, i risultati tendenziali sono stati contrastanti nei diversi comparti.
Nei primi nove mesi di quest’anno, sono diminuite in particolar modo le attività della Metallurgia (-6,9% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente), le produzioni di Macchine e apparecchi elettrici (-4,3%) e di Prodotti in metallo (-3,4%); in leggera flessione il comparto delle Macchine e apparecchi meccanici (-0,4%). Sono, invece, aumentate le fabbricazioni di Altri mezzi di trasporto (+10,8%) e di Autoveicoli e rimorchi (+8,2%), mentre quella di Computer, radio TV, strumenti medicali e di precisione, pur in crescita, ha messo a segno un modesto +0,4%.
Con riferimento ai 27 paesi dell’Unione europea, nel terzo trimestre, la produzione metalmeccanica ha registrato un calo congiunturale dell’1,9% e la dinamica trimestrale discendente ha caratterizzato l’attività produttiva in Francia, Germania e Spagna.
Il rallentamento della domanda mondiale si ripercuote sulle esportazioni del settore metalmeccanico che indirizza all’estero circa la metà delle proprie produzioni.
Nel periodo gennaio-settembre del 2023, le esportazioni metalmeccaniche sono, infatti, cresciute in media del 4,0% e le importazioni dell’1,5% ma, per entrambi i flussi, la dinamica trimestrale continua ad evidenziare un significativo rallentamento rispetto a quanto osservato nel passato. Occorre, inoltre, osservare che gli incrementi dell’interscambio in valore sono stati influenzati da una crescita dei valori medi unitari.
I risultati di questa indagine trimestrale confermano la difficile fase congiunturale che sta interessando il settore da alcuni trimestri e non si intravedono, nelle previsioni a breve, inversioni del trend negativo in atto:
- Si confermano pari al 25% le imprese soddisfatte del proprio portafoglio ordini, ma aumentano significativamente quelle insoddisfatte (36% dal precedente 26%)
- Scende al 21% (dal 24% scorso) chi prevede incrementi di produzione per i prossimi mesi mentre sale al 30% (dal 24% di fine giugno) chi prospetta contrazioni
- Rimane invariata la quota del 12% di imprese che ritengono di dover ridurre gli attuali livelli occupazionali, ma si riduce quella di coloro che prevedono incrementi (15% in discesa dal precedente 20%).
- Aumenta la quota di imprese che valuta cattiva o pessima la situazione della liquidità aziendale (8% rispetto al precedente 7%).
Il Vicepresidente di Federmeccanica, Diego Andreis, ha commentato: «Sta per finire un altro anno difficile e quello che a breve inizierà è caratterizzato da grandi incertezze. Gli imprenditori, che oggi sono qui a rappresentare, cercano sempre di essere ottimisti. All’ottimismo però non necessariamente corrisponde la fiducia, che è il motore dell’economia. La fiducia deve essere alimentata da azioni concrete e da misure efficaci messe in campo dalle Istituzioni. L’ottimismo di noi imprenditori da solo non basta. Le imprese che nonostante tutto continuano ad investire sono ancora il 66% del campione intervistato, resistono nonostante tutto e rilanciano, ma il rischio di un lancio nel vuoto preoccupa. Non abbiamo visto un adeguato sostegno alla crescita, agli investimenti e interventi volti ad aumentare la produttività che da troppo tempo in Italia è distante dagli standard di altri Paesi nostri competitor. Lo abbiamo detto nella nostra Assemblea Generale, serve un Patto per la Produttività. Non è necessario che venga siglato alcun documento, ma occorre che tutti coloro che possono dare un contributo concreto lo facciano, dal Governo alle Parti Sociali, fino alle imprese. Si tratta tra le altre cose di favorire l’innovazione e la ricerca - vero seme del futuro di un Paese -, la crescita delle imprese, la generazione e il trasferimento di competenze, la riduzione del cuneo fiscale, il potenziamento delle politiche redistributive legate alla creazione di ricchezza e la diffusione di una nuova cultura di impresa e del lavoro. Alcuni segnali li abbiamo visti - penso agli interventi sul cuneo fiscale - ora si deve lasciare il segno, il che vuol dire rendere strutturale e ampliare la riforma, agendo anche sul costo del lavoro, e poi continuare con lo stesso metodo sugli altri capitoli. Solo così potremo scrivere una nuova storia all’insegna dello sviluppo e del progresso».
Il Direttore Generale di Federmeccanica, Stefano Franchi, ha aggiunto: «Diminuisce la produzione e si riducono i profitti. La nostra industria è dentro una morsa che rischia di soffocare la parte più esposta del sistema produttivo. Non possiamo permetterci passi falsi. La pressione sui costi continua ad essere notevole, asfissiante e tante imprese non hanno potuto trasferirli sui prezzi dei propri prodotti. Fa impressione continuare a vedere i prezzi alla produzione più elevati di circa il 20% rispetto a qualche anno fa; percentuale che rappresenta una voce di costo costante e non più sostenibile. Si fa fatica forse a spiegarlo ma è quello che le nostre imprese stanno vivendo. Non possiamo permetterci di lasciare indietro nessuno, dobbiamo preoccuparci e occuparci delle imprese maggiormente in difficoltà. Non dimentichiamoci mai che più del 90% della nostra Industria è composta da imprese con meno di 50 dipendenti. Il nostro obiettivo è aiutarle a crescere, con un sostegno di ampio respiro il che significa prima di tutto impedire che vengano soffocate in questa spirale perversa di aumento dei costi, riduzione della produzione e contrazione del margine operativo. Anche guardando alle prospettive aumentano i giudizi negativi e si riducono quelli positivi su tutti i principali fronti, dal portafoglio ordini ai livelli di produzione, dall’occupazione alla liquidità. C’è tanto da fare indubbiamente, bisogna però fare le cose bene, con la massima attenzione. In una situazione come questa anche i dettagli fanno la differenza, le riforme che servono vanno quindi sempre accompagnate da una seria e approfondita valutazione di ogni componente di costo, nessuna esclusa. Ne va della nostra competitività, ne va del nostro futuro.»
La difficile fase economica che stiamo vivendo oramai da più di tre anni, ma soprattutto l’incertezza sulla sua evoluzione futura, sta condizionando significativamente tutti gli aspetti economici, finanziari e produttivi delle nostre imprese metalmeccaniche:
- La quota di imprese rispondenti che prevede di attuare forme di investimento nei prossimi sei mesi è stata pari al 66%, invariata rispetto alla precedente indagine.
- Il 29% degli investimenti saranno destinati ad accrescere il capitale fisso (capannoni, macchinari ecc.), il 25% a tecnologia e digitalizzazione (es. Industria 4.0). A seguire troviamo investimenti per la ricerca e sviluppo (21%), per la formazione (18%), per l’internazionalizzazione (accesso ai mercati esteri e sviluppo e-commerce) (4%) e, infine, altre allocazioni (3%).
- Nel terzo trimestre del 2023, è ancora elevata e pari al 63% la quota di imprese che dichiara un impatto significativo dei rincari dei prezzi delle materie prime e dell’energia sui costi di produzione.
- Di queste imprese, il 43% ha effettuato una riorganizzazione del lavoro e/o dell’attività produttiva, il 34% ha ridotto l’attività di investimento e il 18% ha indicato altre conseguenze (per es. riduzione della marginalità, aumento costi di produzione, revisione del listino prezzi, ecc.). Si conferma pari al 5% la percentuale di imprese che ha indicato come possibile conseguenza l’interruzione dell’attività aziendale.
- L’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche influenza i prezzi alla produzione dei prodotti industriali e ancor di più nel settore metalmeccanico, che risulta il maggior utilizzatore di metalli. Infatti, il livello dei prezzi alla produzione dei prodotti metalmeccanici continua ad essere più alto del 19,7% rispetto al periodo pre-pandemico.
- Anche l’incremento di altri oneri ha contribuito a mantenere alti i costi di produzione.
- Tali dinamiche continuano ad avere delle ripercussioni sull’attività produttiva di molte delle imprese metalmeccaniche che hanno partecipato all’indagine.
- È pari al 61% la quota di imprese che, nel terzo trimestre, ha registrato un ridimensionando dei margini di profitto e il 42% sta ancora risentendo degli effetti del conflitto russo-ucraino.