Il Rinnovamento Continua
La realtà metalmeccanica/Meccatronica
Il Settore Metalmeccanico/Meccatronico è il motore del Paese, lo dicono da sempre i dati dei più importanti indicatori economici.
Basta scorrere i report di fonte ufficiale per comprendere la dimensione e lo spessore della nostra Manifattura.
La Metalmeccanica/Meccatronica, infatti, rappresenta l’8% del prodotto interno lordo, vale il 50% circa dell’export nazionale, e il valore aggiunto in termini di ricchezza pesa per oltre il 40% del totale della manifattura.
Anche dal punto di vista occupazionale è grande il contributo che viene dato dalle imprese del nostro Settore, che nel complesso occupano più di 1 milione di persone.
Come risulta dall’indagine annuale di Federmeccanica il 95% degli occupati delle imprese intervistate hanno un contratto a tempo indeterminato e il 36% delle nuove assunzioni stabili sono trasformazioni di contratti a termine o in somministrazione.
Nel nostro Settore, flessibilità non è sinonimo di precarietà.
Non solo, la Metalmeccanica/Meccatronica produce il 100% dei beni di investimento e attraverso di essi trasferisce l’innovazione ai restanti rami dell’industria.
Questo è il grande patrimonio di conoscenze, di tecnologia e di lavoro che le Aziende Metalmeccaniche / Meccatroniche possiedono, che va preservato e ulteriormente sviluppato.
Occorre inoltre ricordare la grande eterogeneità della nostra Categoria, composta da una pluralità di comparti con caratteristiche, prodotti e mercati diversi e con performance differenti.
Sulla base della classificazione delle attività economiche (Ateco 2007) dell’ISTAT, nel perimetro dell’industria la Metalmeccanica/Meccatronica rientrano 10 Sotto Sezioni, 32 Divisioni, 95 Gruppi, 149 Classi, 194 Categorie.
Le diversità a livello di comparti si manifestano fino al livello aziendale dove le differenze tra impresa e impresa possono essere ancora più marcate.
In questo quadro articolato è necessario operare per rendere tutte le nostre Aziende competitive in un mercato globale sempre più sfidante e difficile, anche per effetto di fattori esogeni non controllabili come lo sono stati quelli vissuti negli ultimi anni, dalla pandemia fino alle più recenti guerre e tensioni geopolitiche.
Abbiamo analizzato e misurato gli effetti negativi determinati da questi eventi, che tutt’oggi sono ben visibili, non essendo stati “metabolizzati” dal Sistema.
Ci sono ancora Aziende che soffrono i rincari delle materie prime e dei prezzi dell’energia e che patiscono le difficoltà di approvvigionamento per le criticità nelle catene di fornitura.
Tutti elementi che hanno pesato moltissimo sulle performance di tante Aziende, che si trovavano già in una situazione complessa dal punto di vista della profittabilità.
Da una recente indagine condotta da Federmeccanica, emerge in maniera chiara sia l’impatto dell’incremento dei costi sul margine operativo lordo, sia il basso livello marginalità della maggioranza delle Aziende.
Nel 2023 il 63% delle Aziende intervistate ha evidenziato la perdita di margine operativo lordo a causa dell’incremento dei costi.
La contrazione della marginalità è destinata a pesare moltissimo sulle Imprese considerando che:
il 33 % delle Aziende ha un margine operativo lordo che rimane sotto il 5%, una vera e propria soglia limite per mantenere in vita l’azienda.
Il 36% delle Aziende ha una marginalità tra il 6% ed il 10% che possiamo definire i confini di una zona rossa.
Il 31% delle Aziende ha una marginalità superiore al 10%.
Si tratta di una condizione che riguarda Imprese di tutte le dimensioni, anche le grandi Aziende.
Sicuramente le Aziende più strutturate hanno maggiori capacità, ma è doveroso evidenziare come non ci sia un’equazione tra grandi dimensioni e grandi margini.
Le narrazioni vanno confrontate con la realtà, e questa non può ridursi a facili generalizzazioni, perché ci sono Imprese importanti dal punto divista dimensionale che versano in condizioni difficili dal punto di vista della profittabilità.
A maggior ragione se si considera non solo la soglia di sopravvivenza ma anche la zona rossa che comprende chi ha una marginalità inferiore al 10%.
Ebbene considerando anche questa area di rischio troviamo una quota ancor maggiore di Imprese con più di 500 dipendenti che vi rientrano.
Comunque, le grandi aziende, in moltissimi casi multinazionali italiane o straniere, rispondono ad azionisti o proprietà che misurano in maniera molto rigorosa le performance e l’incremento dei costi, non collegato a corrispondenti aumenti dei margini, può determinare pesanti conseguenze dal punto di vista della propensione ad investire nel nostro Paese.
È doveroso evidenziare quali sono i margini di profitto delle aziende metalmeccaniche per comprendere bene gli effetti che la contrazione della marginalità può determinare, sia dal punto di vista della capacità di innovare, sia dal punto di vista della possibilità di redistribuire ricchezza.
Anche produrre diventa un’operazione a forte rischio perdita se non si esce da quella spirale di incremento dei costi a cui stiamo assistendo ormai da - troppo – tempo.
Solo nell’ultimo anno il 67% delle Aziende intervistate ha sostenuto un incremento dei costi di produzione.
Più del 90% di queste imprese non ha trasferito integralmente tale incremento sui prezzi dei prodotti al cliente.
In particolare, nel 35% dei casi l’incremento dei costi è rimasto totalmente “in pancia” alle nostre Imprese, e in un altro 47% è stato trasferito in misura non superiore al 30%.
In sostanza l’inflazione in tantissimi casi è stata pagata due volte, adeguando gli stipendi dei dipendenti e pagando di più nelle maglie della catena del valore, senza poter trasferire a valle i relativi incrementi dei costi.
Si può ben comprendere cosa abbia significato questo scenario per chi già si trovava in una situazione di marginalità molto difficile.
È ben noto che la contrazione dei profitti incide anche sulla capacità delle Imprese di fare investimenti, ed è sempre necessario mantenere una quota di ricchezza da destinare all’innovazione per dare un futuro alle aziende e ai loro collaboratori.
Fino ad oggi, come emerge sempre dalle nostre indagini, le Imprese metalmeccaniche hanno mostrato una grande resilienza continuando ad investire.
Sono sempre alte le percentuali (più del 70%) delle Aziende intervistate che investono nei vari ambiti dai macchinari alle nuove tecnologie, dalla formazione alla sostenibilità.
Tutto ciò in un contesto nel quale la produttività è rimasta da troppo tempo a livelli non adeguati a sostenere la crescita della nostra manifattura.
I dati ufficiali di contabilità nazionale continuano ad evidenziare una sostanziale stagnazione della produttività metalmeccanica negli ultimi anni.
Dal 2021 ad oggi la produttività del Settore è cresciuta soltanto dell’1,2%, con il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) che è aumentato del 6,4% in considerazione del rapporto tra la produttività stessa e le retribuzioni cresciute dell’8,1%.
Anche allargando l’orizzonte al 2016 la situazione sostanzialmente non cambia, con la produttività cresciuta del 2,2%, le retribuzioni del 16,7% e il CLUP del 14%.
Il tutto all’interno di una dinamica della produzione industriale che negli ultimi trimestri si è fermata, se non ridotta, dal punto di vista congiunturale ed è risultata negativa considerando gli stessi periodi dell’anno precedente.
Il Rinnovamento Contrattuale
Nel 2016 è stata avviata una nuova fase delle relazioni industriali e delle dinamiche contrattuali.
Il CCNL sottoscritto a novembre del 2016 ha determinato un cambio di paradigma, definendo un nuovo modello caratterizzato da importanti elementi di novità in diversi ambiti, tutti strettamente correlati.
Si trattava dell’inizio di un percorso che si sarebbe sviluppato negli anni, rinnovo dopo rinnovo.
Il CCNL è diventato uno strumento inclusivo con garanzie minime che costituiscono il comune denominatore di una Categoria estremamente eterogenea.
Sono state sperimentate innovazioni poi diventate strutturali, come il modello di adeguamento retributivo e il riconoscimento di flexible benefits.
E’ stato definito un modello di welfare universalistico e solidaristico.
Sono state realizzate riforme come l’introduzione del diritto soggettivo alla formazione e il nuovo inquadramento professionale.
A partire dal 2016 sono state attivate Commissioni Bilaterali che hanno consentito di dare attuazione ad alcuni elementi di novità e di creare i presupposti per introdurre ulteriori innovazioni.
È doveroso in questa fase, in prossimità della scadenza del CCNL, fare il punto sullo stato di avanzamento di tutte le innovazioni introdotte in questi anni.
Il Trattamento Economico Minimo
Nel CCNL del 2016 è stato introdotto, in via sperimentale, il meccanismo di adeguamento dei minimi tabellari ex post all’inflazione (IPCA NEI, Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo al netto degli energetici importati).
Il meccanismo venne introdotto dopo aver applicato dal 2009 fino al 2015 lo stesso indicatore ma ex ante, sulla base cioè delle previsioni fatte dall’ISTAT relative ai tre anni successivi e coincidenti con la durata del Contratto Collettivo Nazionale.
Il sistema ex ante non ha consentito un pieno allineamento tra incrementi retributivi dei minimi e andamento dell’inflazione, tanto che nel periodo 2013-2015 gli incrementi salariali risultarono superiori di 73 euro – al 5° livello, attuale livello C3 - rispetto a quanto sarebbe stato dovuto per effetto delle dinamiche inflattive e alle regole vigenti all’epoca.
Tutto questo fu causato dallo scostamento tra previsioni e consuntivo che può realizzarsi nell’arco di un triennio o di un quadriennio, anche al di là di eventi imponderabili, e a maggior ragione in presenza di questi.
Nel 2016 si è quindi provveduto a introdurre un sistema di adeguamento salariale che non prevedesse più la determinazione (ex ante) di un importo complessivo degli incrementi suddiviso in tranches, bensì la verifica a giugno di ogni anno del dato di inflazione maturato nell’anno precedente – così come reso noto dall’ISTAT – per poi procedere, nello stesso mese di giugno, all’adeguamento dei minimi tabellari in misura corrispondente.
Vennero così definiti dei minimi di garanzia che costituiscono una soglia di tutela insuperabile per tutti i lavoratori e le lavoratrici della metalmeccanica/meccatronica.
In questo quadro gli assorbimenti costituiscono un elemento fondante dei minimi di garanzia e del modello condiviso.
Con il CCNL 2021 il suddetto modello è stato confermato, divenendo così strutturale nel rispetto dell’Accordo Interconfederale del 2018 (Patto della Fabbrica).
La riforma dell’inquadramento, inoltre, limitatamente al periodo di vigenza del CCNL, come risulta in maniera chiara dal dettato contrattuale, ha determinato nel complesso incrementi salariali aggiuntivi rispetto all’IPCA NEI.
Quanto sopra sempre in conformità al Patto della Fabbrica, che prevede la possibilità di modificare i valori del TEM (Trattamento Economico Minimo) in ragione dei processi di trasformazione e/o di innovazione organizzativa, vale a dire in presenza di modifiche dell’inquadramento professionale.
Dal combinato disposto delle norme confederali e di categoria è di tutta evidenza che, una volta compiuta la riforma dell’inquadramento con il CCNL 2021, rimane in essere unicamente l’adeguamento ex post dei minimi tabellari all’IPCA NEI.
Il modello di adeguamento ex post è risultato essere un’importantissima tutela per i lavoratori nel momento per loro più difficile a causa dei picchi di inflazione.
Non esiste nessun Contratto Nazionale in nessun Settore, eccetto il nostro, che ha determinato, in un anno solare e in un’unica soluzione, un incremento analogo a quello riconosciuto a giugno 2023 ai dipendenti metalmeccanici e della installazione di impianti, pari a 123,4 euro lordi mensili (livello C3), praticamente più del valore di un intero rinnovo.
Con molta probabilità a giugno 2024 verrà riconosciuto un incremento sempre molto sostanzioso.
Difatti l’esatta determinazione degli incrementi di ciascun anno è possibile soltanto quando viene reso noto dall’ISTAT il dato aggiornato dell’IPCA NEI.
La validità del modello, che fornisce tutele senza eguali ai lavoratori, è riscontrabile, come detto, proprio nei periodi di alta inflazione, visto che l’adeguamento retributivo avviene durante la vigenza del Contratto e non dopo la scadenza.
Il Welfare Aziendale – Flexible Benefits
Il CCNL prevede un ulteriore importante elemento avente valore economico destinato a supportare i consumi delle persone, si tratta dei cosiddetti flexible benefits o welfare aziendale.
I flexible benefits introdotti con il CCNL del 2016, per effetto della stabilizzazione del valore di 200 euro annui operata con il CCNL del 2021, hanno maturato un valore complessivo di 800 euro netti nel periodo che va da giugno 2021 a giugno 2024.
Si tratta di uno strumento che ha un importante valore economico, grazie al completo abbattimento del cuneo fiscale, e che, grazie alla possibile personalizzazione, può consentire di rispondere ai diversi bisogni dei singoli collaboratori, generando così un ulteriore valore.
Il Fondo di Assistenza Sanitaria MètaSalute
Anche attraverso l’Assistenza Sanitaria Integrativa c’è stato, e continua ad esserci, un sostanziale sostegno al reddito delle persone e delle famiglie.
Il Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa MetaSalute con il Contratto Nazionale del 2016 è diventato un fondamentale strumento universale e solidaristico.
La copertura di tutti i dipendenti metalmeccanici è a totale carico delle Imprese, e si estende al loro nucleo familiare a carico.
L’assistenza sanitaria integrativa ha rappresentato e rappresenta un supporto per le famiglie sia dal punto di vista sociale che economico.
L’importanza dell’Assistenza Sanitaria Integrativa - e di tutto ciò che viene riconosciuto ai dipendenti metalmeccanici attraverso il CCNL e il livello aziendale - è evidente, considerando che nel 2023 in Italia 4,5 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi per difficoltà economiche, come risulta dai dati pubblicati dall’ISTAT.
Dal 2020 ad oggi grazie a MetaSalute sono state fruite prestazioni quantitativamente e qualitativamente rilevanti nella seguente misura e con i seguenti valori.
Anno 2020
2.453.096 prestazioni (10.221 prestazioni al giorno) per un valore di 160.198.584 euro
Anno 2021
4.252.003 prestazioni erogate (17.717 prestazioni al giorno) per un valore di 364.072.721 euro
Anno 2022
2.648.281 prestazioni erogate (11.034 prestazioni al giorno) per un valore di 176.370.723 euro
Anno 2023
2.843.218 prestazioni erogate (11.846 prestazioni al giorno) per un valore di 168.588.464 euro
I dati relativi al primo semestre 2024, pur non essendo ancora disponibili, sulla base delle prime indicazioni, confermeranno sostanzialmente gli ordini di grandezza degli ultimi anni.
Inoltre, nel periodo buio della pandemia Covid 19 - biennio 2021-2022 - il Fondo MetaSalute ha garantito interventi mirati per un totale di n. 4.003 prestazioni, aventi un valore di 1.794.100 euro.
Il sempre più ampio e diffuso utilizzo del Fondo, determinato anche dalla pandemia e dalle difficoltà della sanità pubblica, ha reso necessaria, per garantire la sostenibilità dello strumento, una revisione dei piani sanitari che tuttavia rimangono di assoluta qualità rispetto ad altri similari esistenti sul mercato.
La modifica del piano base ha portato anche alla variazione dei piani integrativi il cui costo per molte imprese è aumentato in maniera significativa al fine di garantire ai beneficiari prestazioni ulteriori rispetto al piano base.
Il Fondo di Previdenza Complementare Cometa
La capacità di spesa delle persone è tutelata non soltanto nell’immediato, ma anche in prospettiva attraverso la previdenza complementare.
Il Fondo di previdenza complementare Cometa nel corso degli ultimi anni, dalla sottoscrizione del CCNL 2021 è cresciuto ulteriormente come numero di iscritti raggiungendo a fine 2023 le 476.712 unità dalle 444.811 di inizio 2021.
La crescita del numero degli iscritti è stata determinata in gran parte dall’aumento degli under 35 anche grazie all’incentivazione prevista dal CCNL 2021, che ha alzato il contributo aziendale dal 2% della retribuzione al 2,2%.
Dal 2021 al 2023 gli under 35 che si sono iscritti al Fondo Cometa hanno rappresentato:
il 51,13% dei nuovi iscritti, di cui il 21% donne, nel 2021
il 55,20% dei nuovi iscritti, di cui il 23% donne, nel 2022
il 55,92% dei nuovi iscritti, di cui il 24% donne, nel 2023.
La previdenza complementare costituisce un fondamentale pilastro del welfare.
La previdenza complementare è un moltiplicatore di valore nel tempo, che in prospettiva consente di realizzare adeguate forme di protezione nella fase della vita più critica per le persone, la vecchiaia.
Si tratta di dare delle garanzie ai lavoratori di oggi e ai pensionati di domani che consentano loro di vivere dignitosamente, sempre.
Con il Contratto del 2021 si è anche realizzato un incrocio tra Previdenza Complementare e Assistenza Sanitaria Integrativa, prevedendo per i pensionati la possibilità di aderire ad una assicurazione sanitaria a condizioni di grande vantaggio rispetto a quelle di mercato.
La convenzione è partita nel 2023 e si sono iscritti 351 pensionati nel medesimo anno e 431 pensionati nel 2024.
La Formazione Continua
Grazie alle attività della Commissione Formazione è stato possibile mettere a disposizione delle Aziende strumenti operativi, e dal 2023 i servizi alla formazione con MetApprendo.
MetApprendo può consentire a tutte le Imprese non solo di fare la quantità di formazione prevista, ma anche di realizzare formazione di qualità, fornendo supporto in tutte le fasi della formazione, dalla pianificazione fino alla registrazione, passando per l’erogazione.
Sulla registrazione della formazione è degna di nota la novità assoluta nel panorama nazionale ed europeo rappresentata dal dossier digitale del lavoratore in MetApprendo che, grazie alla tecnologia blockchain, consente ai lavoratori e alle lavoratrici di avere un proprio dossier digitale portabile con tutta la formazione registrata dall’Azienda che l’ha erogata.
Ad oggi in MetApprendo sono attive più di 13 mila aziende delle 17 mila aderenti.
Di seguito alcuni significativi dati aggiornati al 28 maggio 2024:
29.523 ore di formazione registrata in 1.348 dossier collegati alla blockchain relative agli anni 2009-2024;
23.458 ore di formazione registrata solo nell’ultimo anno (2023-2024), ovvero quello di operatività del portale, per una media di 17,4 ore a dossier.
203 sono le aziende i cui collaboratori e collaboratrici hanno il dossier attivato; di seguito la divisione delle aziende per classe dimensionale:
da 1 a 9 dipendenti 41 aziende,
da 10 a 19 dipendenti 30 aziende,
da 20 a 49 dipendenti 43 aziende,
da 50 e oltre dipendenti 89 aziende.
Ma ci sono ulteriori progressi sulla formazione continua.
Da un’indagine Federmeccanica emerge quanto segue.
Nel triennio 2020-2022 il 30,9% delle imprese intervistate -nelle quali è occupato il 30% degli addetti- ha fatto 24 ore di formazione per tutti i dipendenti.
Nel 5,8% delle Imprese - nelle quali è occupato l’1,6% degli addetti - non è stata fatta formazione.
Rispetto al triennio 2017-2019 le ore di formazione erogate dalle Imprese sono:
-aumentate nel 66,8% dei casi;
-invariate nel 16,6% dei casi;
-diminuite nel 16,6% dei casi.
Sono quindi evidenti i passi in avanti, ma non abbiamo ancora raggiunto la meta.
Il Contratto Collettivo Nazionale inoltre prevede la possibilità per i lavoratori di esercitare il diritto soggettivo alla formazione, qualora l’azienda non avesse erogato la formazione nelle quantità e nei termini previsti.
Dall’indagine svolta risulta che nel 5,4% dei casi il lavoratore ha esercitato il diritto soggettivo richiedendo l’attivazione di corsi di formazione e conseguentemente nel 94,6% dei casi i lavoratori non ne hanno fatto richiesta.
Tutti devono acquisire consapevolezza dell’importanza della formazione, le imprese e i lavoratori, e ognuno deve fare la propria parte per portare a compimento una riforma che potrà dare un ritorno ad ogni soggetto coinvolto.
Al fine di agevolare l’iniziativa del singolo, MetApprendo ha previsto che i collaboratori possano richiedere l’assegnazione di pillole formative; in più sono state elaborate infografiche (ad esempio sul “perché è importante formarsi “e perché è importante formare”) inserite sul sito pubblico di MetApprendo finalizzate a diffondere la cultura della formazione.
Le imprese potranno essere più competitive con una forza lavoro adeguatamente formata, i lavoratori potranno crescere personalmente e professionalmente, ed essere occupabili nel tempo.
Il Nuovo Inquadramento Professionale
La riforma dell’inquadramento professionale realizzata dal CCNL 2021 si fonda su una idea moderna di organizzazione del lavoro.
Da quando l’inquadramento professionale venne introdotto nel 1973 sono trascorsi 50 anni e si è passati attraverso rivoluzioni industriali con profondi cambiamenti del modo di lavorare e di fare Impresa.
Sono tante le Aziende, infatti, che nel frattempo hanno sviluppato organizzazioni del lavoro evolute, che l’inquadramento professionale non riusciva più a rappresentare.
La realizzazione del nuovo inquadramento si poneva l’obiettivo di delineare un perimetro nel quale potessero ritrovarsi sia le Aziende che avevano già attuato un cambiamento organizzativo, sia quelle che non lo avevano ancora fatto e che avrebbero così potuto realizzarlo.
Il nuovo inquadramento è stato pensato, consapevolmente, come uno strumento adattabile alle diverse situazioni esistenti nelle Imprese.
Il passaggio dai due criteri di professionalità (responsabilità gerarchico funzionale e le competenze tecnico specifiche) ai sei criteri (i due già esistenti + competenze trasversali, polivalenza, polifunzionalità, contributo all’innovazione e al miglioramento continuo), non era né automatico né obbligatorio.
A distanza di 4 anni dall’introduzione è possibile comunque misurare la portata della riforma attuata.
Da una nostra indagine emerge quanto segue.
Per il 41,1% delle Aziende intervistate con il nuovo sistema di inquadramento si è realizzato un allineamento tra la classificazione del personale e l’organizzazione aziendale esistente - trattandosi di aziende che avevano già introdotto innovazioni tecnologiche e organizzative collegate alla trasformazione digitale, all’internazionalizzazione etc.-.
In più:
per l’8,7% delle Aziende il nuovo sistema di inquadramento ha comportato un’evoluzione nell’organizzazione del lavoro.
il 19,6% riferisce che il nuovo sistema di inquadramento ha dato avvio ad una evoluzione dell’organizzazione del lavoro, che è in corso.
Sui criteri di professionalità.
Fermo restando la responsabilità gerarchico funzionale e le competenze tecnico specifiche.
Il 37,7% delle Imprese intervistate ha aggiornato i profili professionali applicando i quattro criteri di professionalità aggiuntivi.
In particolare:
le competenze trasversali nel 32,4% dei casi;
la polivalenza nel 21,3% dei casi;
la polifunzionalità nel 17,3% dei casi;
il miglioramento continuo e l’innovazione nel 29% dei casi.
Non solo:
il CCNL prevedeva anche la possibilità di fare sperimentazioni con ulteriori evoluzioni nell’ambito dei principi di riferimento comune individuati dal CCNL stesso.
Il 23% delle Aziende intervistate ha avviato forme di sperimentazione.
In particolare:
nel 31,6% dei casi si è realizzato un approfondimento della valutazione di fattori di professionalità specifici, trasversali, di polivalenza e di competenza espressa attraverso matrici improntate ad oggettività e trasparenza;
nel 25,7% dei casi sono stati individuati percorsi di ricomposizione delle posizioni con arricchimento dei contenuti professionali di specifiche professionalità in funzione delle innovazioni organizzative e tecnico-operative;
nel 18% dei casi sono stati individuati sistemi di valutazione del contributo individuale o di team o di specifiche aree professionali alla catena di creazione del valore e al differenziale competitivo dell’impresa;
nel 21,7% dei casi sono stati individuati sistemi di bilancio delle competenze individuali, di team, di specifiche aree professionali in coerenza con i fabbisogni di formazione e apprendimento continuo, e piani di sviluppo definiti attraverso un portafoglio di azioni adeguatamente articolato per metodologia anche in ambito digitale, interne ed esterne, individuali e collettive anche tenendo conto del diritto soggettivo alla formazione.
Il nuovo inquadramento quindi da un lato è servito ad adeguare la classificazione del personale ai cambiamenti organizzativi intervenuti nelle Aziende, dall’altro lato ha stimolato l’attivazione di un percorso evolutivo che, seppur non contrattualmente dovuto, può favorire l’ammodernamento e quindi la crescita delle Imprese.
La Sicurezza sul Lavoro
Importanti passi in avanti sono stati fatti sulla sicurezza sul lavoro sia dal punto di vista normativo che culturale prevedendo la possibilità di sperimentare i così detti break formativi e l’introduzione della categoria dei quasi infortuni (near miss), definendo linee guida per le Aziende (per i lavoratori all’estero) e realizzando momenti di confronto nel Paese all’interno di aziende sulle buone pratiche per promuovere la cultura e per diffondere consapevolezza.
Il lavoro della paritetica Commissione Sicurezza Sul Lavoro è stato molto prezioso per definire forme di collaborazione con l’INAIL e per realizzare una capillare attività di sensibilizzazione.
La diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro deve continuare ad essere un obiettivo centrale della categoria ma, nel contempo, è importante anche evidenziare che si è assistito nel Settore Metalmeccanico ad una costante riduzione degli infortuni sul lavoro che, secondo i più aggiornati dati ufficiali disponibili (2021), ha visto scendere il tasso di infortuni rispetto al 2016 nella misura del 6,6%.
La Cultura di Genere
Nel Contratto del 2021 molto significative sono state le novità introdotte sulla cultura di genere.
Oggi, in particolare, nella nostra Categoria sono previste importanti misure di tutela delle donne vittime di violenza di genere ed è stata avviata dalla Commissione pari opportunità una campagna nazionale di promozione della cultura fondata sul rispetto della persona.
Il progetto Generiamo Cultura sta proseguendo e sta dando luogo a tante iniziative aziendali che sono occasione di confronto, formazione e informazione per lavoratori e lavoratrici.
L’obiettivo è diffondere il germe del cambiamento culturale dal momento che il fenomeno della violenza trova le sue radici profonde in quegli stereotipi e pregiudizi che vanno rimossi da qualsiasi ambito della società civile.
Il Livello Aziendale
Il Modello di Relazioni Sindacali che si è sviluppato nel corso del tempo e che trova la sua regolamentazione nel CCNL, si basa su due Livelli, quello Aziendale e quello Nazionale.
Nel 2016 è stato chiarito senza alcun dubbio che nella Contrattazione di Secondo Livello debbano essere definite forme premianti “soltanto” variabili.
Nel testo precedente l’avverbio “soltanto” era preceduto dalla congiunzione “anche”, che aveva dato luogo a equivoci nella sua interpretazione.
Ogni equivoco è stato rimosso con la previsione contrattuale del 2016, tutt’ora vigente, che costituisce parte integrante del Modello in essere.
Il Livello Aziendale è chiamato a dare corpo al principio secondo il quale la ricchezza debba essere distribuita dove è stata prodotta e dopo che è stata prodotta.
Mentre il Contratto Collettivo Nazionale è chiamato a garantire l’adeguamento dei minimi all’andamento dell’inflazione (IPCA NEI).
Limitando l’analisi all’anno 2023, anno peraltro nel quale - come sopra riportato - l’incremento previsto dal CCNL è stato di un importo senza precedenti, è possibile osservare come i Premi di Risultato siano stati molto diffusi e abbiano riguardato la stragrande maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici.
Da una recente analisi relativa al solo anno passato emerge che:
il 49% delle Aziende intervistate, nelle quali è occupato l’81,7% dei dipendenti, ha riconosciuto un Premio di Risultato.
Il 35,4% ha riconosciuto un premio di risultato tra i 1.000 e 2.000 euro lordi;
Il 24,3% ha riconosciuto un premio di risultato superiore ai 2.000 euro lordi.
Sempre nel 2023,
il 26,4% delle Aziende ha riconosciuto ulteriori elementi economici collettivi nella seguente misura:
il 60,1 % fino a 500 euro lordi;
il 15,8% tra 501 e 1.000 euro lordi;
il 12,1% tra 1.001 e 2.000 euro lordi;
il 12,0% oltre i 2.000 euro lordi.
Non solo:
Il 44,7% delle Aziende, nelle quali è occupato il 51,8% dei dipendenti, ha riconosciuto erogazioni di welfare superiori a quanto previsto dal CCNL.
I premi di risultato sono convertibili in welfare nel 33,7% delle Aziende dove è occupato il 73,1% dei dipendenti.
Infine, nel 30,5% delle Aziende, che occupano il 47,6% dei lavoratori, sono state riconosciute maggiorazioni superiori a quelle previste dal CCNL.
A ben vedere il CCNL, che svolge una funzione di garanzia con tutele sostanziali, è stato integrato in maniera molto significativa e diffusa dal secondo livello.
Ciò a dimostrazione che la redistribuzione della ricchezza, se viene prodotta, si concretizza attraverso una serie di strumenti che, messi insieme, hanno determinato per i lavoratori e le lavoratrici importanti risultati sia di natura economica che sociale.
Allo stesso tempo è necessario assicurare il rispetto delle norme vigenti, che in maniera chiara prevedono la possibilità di negoziare nel livello aziendale solo premi variabili.
Ci sono stati casi, non isolati, negli ultimi anni di piattaforme aziendali o rivendicazioni contenenti richieste di consolidamenti di parte del premio di risultato, o di elementi fissi della retribuzione o anche di indicizzazione all’inflazione.
Da una prima sommaria verifica ci sono state segnalate in diversi territori, solo come esempi, 117 piattaforme o richieste contrattuali con queste caratteristiche.
Sono chiare le regole e sono noti i principi contrattuali e di diritto che demandano al secondo livello solo quanto indicato dal CCNL e/o dalle leggi.
Il rispetto delle regole è un valore fondante delle relazioni di ogni genere ad ogni livello, e deve essere assicurato da tutte le parti coinvolte.
Ci sono poi tematiche che vanno affrontate a livello aziendale in considerazione della loro natura come, ad esempio, le assunzioni a tempo indeterminato anche nelle ipotesi di stabilizzazione o trasformazione di altre tipologie di contratto.
Abbiamo raccolto alcuni esempi di casi Aziendali, anche recepiti in Accordi di secondo livello, che prevedono percorsi di stabilizzazione e/o di trasformazione di contratti temporanei o somministrazione in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
La stabilizzazione o trasformazione di contratti temporanei o in somministrazione in contratti a tempo indeterminato può avvenire unicamente in presenza di condizioni oggettive e soggettive che soltanto a livello aziendale è possibile valutare.
Riportiamo di seguito solo alcuni degli esempi di fattispecie previste da accordi conclusi a livello aziendale in tale ambito.
Con una prima ricerca abbiamo esaminato più di 30 diverse casistiche in imprese di grandi, medie e anche piccole dimensioni che prevedono differenti soluzioni sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
In particolare.
Si va dalla previsione di un predefinito quantitativo di stabilizzazioni e/o trasformazione, alla creazione di un “bacino” di lavoratori a termine e/o in staff leasing da cui attingere in caso di assunzioni a tempo indeterminato.
Esiste una varietà di tempistiche per la trasformazione dei contratti di lavoro all’interno di piani che si possono sviluppare su più anni.
Ci sono soluzioni differenti a seconda delle figure professionali (es operai/impiegati e/o figure specializzate e/o con certi titoli di studio).
Sono previste ipotesi di ricambio generazionale con un equilibrio tra entrate e uscite che varia da caso a caso.
Anche le modalità di trasformazione non sono omogenee e possono prevedere, ove compatibile, il ricorso all’apprendistato.
Viene inoltre valorizzata l’anzianità aziendale ai fini della trasformazione che varia a seconda dei casi.
Infine, è doveroso evidenziare le difficoltà da parte delle aziende di applicare norme del CCNL che non prevedono altri passaggi negoziali in azienda.
Sono infatti frequenti i casi di richieste avanzate per rinegoziare quello che è già stato negoziato, e definito, al livello nazionale.
La duplicazione delle negoziazioni da un lato genera costi ulteriori rispetto a quanto fissato nella sede preposta, e dall’altro lato determina grosse difficoltà di rispondere in tempi rapidi agli stimoli e alle istanze del mercato.
Riportiamo di seguito alcune casistiche, a titolo meramente esemplificativo, di rivendicazioni su tematiche già disciplinate a livello nazionale e non demandate al livello aziendale.
A fronte della necessità aziendale di prestazioni di lavoro straordinario e/o di utilizzare strumenti di flessibilità esigibili, viene richiesto alle aziende il riconoscimento di gettoni e/o maggiorazioni più alte rispetto a quelle contrattuali, rendendo in alcuni casi di fatto inapplicabili le previsioni del CCNL, se non con una rinegoziazione delle condizioni economiche, con conseguenti oneri non dovuti a carico delle imprese;
Vengono fatte richieste di contrattare le quote esenti straordinario che non sono soggette ad ulteriore negoziazione;
Viene richiesta l’applicazione all’orario plurisettimanale delle maggiorazioni per lo straordinario;
Ci sono richieste di maggiorazioni aziendali per lo straordinario superiori a quelle del CCNL (fino al 70% infrasettimanale, 80% al sabato) con richiesta di estensione fino a 3 anni del periodo di riferimento per il recupero ore prestate in regime di flessibilità positiva/negativa;
Ci sono state dichiarazioni di sciopero sui turni di sabato a seguito della comunicazione aziendale relativa al ricorso alle quote esenti di straordinario;
C’è stata opposizione alla gestione e smaltimento dei residui Ferie e PAR degli anni precedenti;
La Flessibilità organizzativa
Il tema della conciliazione vita privata – lavoro è sicuramente un elemento centrale della gestione delle risorse umane.
Nell’attuale panorama normativo previsto dal CCNL esistono strumenti utili a tal fine.
Si pensi che i PAR (Permessi Annui Retribuiti) a disposizione dei lavoratori e delle lavoratrici sono una vera e propria riduzione dell’orario di lavoro pari a 104 ore annue – 13 giorni - che arriva fino a 124 ore annue – 15,5 giorni - per alcune lavorazioni e attività.
Abbiamo approfondito il grado di utilizzo di questo strumento.
Da un’indagine condotta da Federmeccanica, emerge che il 58,4% delle imprese intervistate, che occupano il 76,6% dei dipendenti, si trova a dover accantonare e/o monetizzare i PAR.
Un simile risultato induce a ritenere che tali permessi vengono quindi utilizzati in misura inferiore rispetto alla loro disponibilità.
Allo stesso tempo, per quanto riguarda le ferie, risulta che il 21% delle imprese rispondenti, che occupano il 29,6% dei dipendenti, oltre alla fruizione ha segnalato la monetizzazione evidenziando quindi un incompleto utilizzo delle ferie stesse.
I dati raccolti evidenziano come le forme di flessibilità e di riduzione di orario esistenti vengono utilizzati solo parzialmente e da una parte minoritaria dei dipendenti.
Sono quindi già a disposizione delle persone strumenti utili per la conciliazione vita privata lavoro, come è già contrattualmente possibile realizzare sperimentazioni a livello aziendale che, infatti, in diverse realtà sono state avviate.
Infine, a partire dal 2026 per effetto della parificazione operai impiegati disposta nel CCNL 2008, per la categoria operai - con più di 18 anni di servizio - sarà prevista una settimana in più di ferie (comprensiva del giorno aggiuntivo già maturato dopo 10 anni di servizio dal 2018).
Tale beneficio, infatti, comporta il riconoscimento di 4 giorni di ferie aggiuntive all’anno che, sulla base dei dati in nostro possesso, determina una diminuzione media superiore ad una giornata per l’intero settore (operai 55% - impiegati 45%; gli operai con più di 18 anni di anzianità sono circa il 35% della forza di tale categoria).
Il Taglio del Cuneo Fiscale
In aggiunta al sostegno per l’incremento delle spese energetiche che ha fornito in questi anni aiuti a imprese e famiglie, a partire dal 2022 è stato previsto un taglio sostanzioso del cuneo fiscale e dal 2023 l’accorpamento delle aliquote IRPEF, misure queste che hanno consentito a molti lavoratori di ricevere un netto in busta paga più alto.
In particolare, da una simulazione effettuata sulla base dei dati retributivi acquisiti dall’Indagine dell’Industria Metalmeccanica e dell’Installazione d’Impianti condotta annualmente da Federmeccanica, è stata rilevata la distribuzione della forza lavoro settoriale per fasce di reddito.
Nell’anno 2022, sulla base del DL Aiuti Bis, che elevava la percentuale di esonero già prevista nella Legge di Bilancio, si osservava quanto segue:
il 45,1% degli addetti rientrava nella fascia di reddito per la quale era previsto un vantaggio netto nel secondo semestre di oltre 120€;
il 12,3 % degli addetti rientrava nella fascia di reddito per la quale era previsto un vantaggio netto nel secondo semestre fino a circa 120€;
il 42,6% degli addetti non godeva di alcun esonero contributivo.
Nell’anno 2023:
il 45,1 % degli addetti rientrava nella fascia di reddito per la quale era previsto un beneficio annuale lordo oscillante tra 1.100 e 1.200 euro;
il 12,3 % degli addetti rientrava nella fascia di reddito per la quale era previsto un beneficio annuale lordo fino a 1.100 euro;
il 42,6% degli addetti rientrava nella fascia di reddito per la quale non era previsto alcun beneficio.
Nell’anno 2024
il 30,7% degli addetti rientra nella fascia di reddito per la quale è previsto un beneficio annuale lordo oscillante tra 1.340 euro e 1.440 euro
l’1,5 % degli addetti rientra nella fascia di reddito per la quale è previsto un beneficio annuale lordo fino a 1.340 euro
il 67,8 % degli addetti rientra nella fascia di reddito per la quale è previsto un beneficio annuale lordo di 260 euro.
È quindi evidente come anche per effetto degli interventi del Governo ci sia stata negli anni passati una ulteriore tutela delle buste paga di tutti i lavoratori e in misura significativa per una grande parte degli stessi.
I Costi per le Imprese
Se il modello in questi ultimi anni ha costituito una tutela di assoluto valore per le persone, allo stesso tempo ha rappresentato un costo molto ingente e imprevisto per le Imprese.
Il pesante impatto per le Aziende non dipende solo dal rilevante aspetto quantitativo, ma deriva anche dai grandi problemi che si sono verificati sulla programmazione che, com’è noto, costituisce un elemento essenziale della gestione aziendale.
Da questo punto di vista il CCNL 2021 ha comportato dei costi molto distanti da quelli programmati per il periodo di vigenza.
Con grande probabilità si realizzeranno aumenti retributivi sui minimi tabellari pari a più del doppio rispetto a quanto preventivato.
Anche per effetto della revisione dei piani sanitari integrativi di MetaSalute, necessaria come detto al fine di garantire la sostenibilità del Fondo, tantissime Aziende per assicurare un livello migliore di prestazioni ai lavoratori hanno sostenuto un costo significativamente superiore rispetto a quello previsto e pianificato sulla base delle condizioni esistenti al momento della stipula del CCNL.
Il passaggio dai preesistenti piani integrativi ai nuovi ha determinato un costo aggiuntivo per le aziende interessate che ad oggi è stimabile in complessivi 7.821.008 euro.
La programmazione degli oneri contrattuali è stata compromessa non solo rispetto all’intero triennio, ma anche considerando le stime anno su anno.
Infatti, le previsioni fatte dall’ISTAT a giugno 2022 sull’IPCA NEI dello stesso anno (2022) indicavano un incremento dell’indice di inflazione rispetto all’anno precedente pari al 4,7% che avrebbe determinato un adeguamento dei minimi, sempre molto significativo, pari a circa 88 euro lordi.
A dicembre – con l’anno ormai chiuso - l’Istituto in una comunicazione ufficiale lasciava intendere che le stime elaborate per il 2022 fossero sostanzialmente corrette.
Tuttavia, a giugno 2023 è stato comunicato un dato a consuntivo dell’IPCA NEI, relativo all’anno 2022, pari al 6,6%, superiore di circa due punti percentuali alle previsioni precedentemente diffuse.
Ciò ha significato passare da un incremento retributivo di 88 euro circa ad un incremento di 123,4 euro (livello C3).
I budget aziendali, che notoriamente vengono fatti alla fine dell’anno precedente, sono stati così compromessi, sia per l’ingente ammontare sia per l’”effetto sorpresa”.
Continuare il Rinnovamento
Le coordinate per il rinnovo, nel solco del Rinnovamento, sono chiare.
La base è il mantenimento del modello contrattuale di garanzia in essere.
Le fondamenta devono essere la piena osservanza delle norme vigenti, a partire da quelle sulla contrattazione ad ogni livello, e la rimozione delle pratiche non consentite, come le duplicazioni negoziali e le sovrapposizioni di disciplina tra il livello nazionale e quello aziendale.
Su questa base si può costruire lungo il percorso iniziato con il CCNL 2016 e proseguito nel 2021.
Tutto ciò può essere declinato nel segno di un CCNL ESG che affronti tematiche aventi valore sociale e che siano allo stesso tempo fattori di competitività per le Imprese.
Esiste e resiste un grande problema di produttività che può essere affrontato, e nel tempo risolto, con elementi di varia natura che diano sul punto risposte dirette e indirette.
Dobbiamo impegnarci per realizzare un nuovo tassello del mosaico contrattuale che ha incominciato a prendere forma nel 2016.
Il Contratto dei metalmeccanici e della installazione degli impianti, grazie al modello introdotto nel 2016 e reso strutturale nel 2021, ha “gambe” per camminare da solo, anche senza il rinnovo.
Federmeccanica, tuttavia, lavorerà per il rinnovo nel rispetto dei seguenti principi.
- Osservanza delle regole Confederali e di Categoria.
- Distribuzione della ricchezza dove viene prodotta e dopo che è stata prodotta.
- Convergenza tra sostenibilità e competitività.
Anche il Governo deve svolgere un ruolo iniziando con il rendere strutturali le misure già adottate per il taglio del cuneo fiscale, per poi estenderle a tutti i lavoratori, prevedendo anche una riduzione del costo del lavoro per le imprese.
Allo stesso modo, solo per fare degli esempi, dovrà essere reso strutturale l’innalzamento a 1.000 euro (2.000 per chi ha figli) del limite di detassazione e contribuzione dei flexible benefits, e dovrà essere semplificata la detassazione dei premi di risultato, prevedendo - anche in questo caso - forme di decontribuzione per le imprese.
Per un ulteriore sviluppo delle relazioni industriali è necessario il contributo di tutti.
Federmeccanica, come sempre, farà la propria parte in modo propositivo e costruttivo.